Celestino V,l'omicidio di un papa
Santo per i suoi contemporanei e per parte della chiesa;vile e ignavo per due sommi poeti come Dante e Petrarca.
Il primo lo bollò come colui che per viltade fece lo gran rifiuto,il secondo lo trattò alla stessa stregua di un ignavo,di un pusillanime.
Eppure Celestino V,al secolo Pietro da Morrone,appartiene alla eletta schiera degli uomini non comuni,sia per le capacità contemplative,che ne fecero all’epoca della sua vita,tra il 1215,presunta data di nascita,e il 1296,data della morte,un uomo dalla fama di rettitudine e di santità riconosciuta anche dai suoi numerosi nemici.
Benedettino fin dall’età di 17 anni,rifiutò gli agi della vita civile per rifugiarsi in un eremo,sulle montagne abruzzesi,dove ben presto formò una piccola comunità composta da gente semplice e umile,attirata da quell’uomo che viveva con poco e che predicava pace e umiltà.
Ben presto la sua fama valicò i confini angusti della regione,e si sparse in giro per la penisola,arrivando fin a Roma,dove furono in molti a vederlo come un possibile candidato alla cattedra di Pietro.
Era morto papa Niccolo IV,e i cardinali elettori dovevano trovare il suo sostituto;impresa delle più difficili,tanto che per ben due anni gli scontri tra le fazioni interne al conclave paralizzarono i lavori dello stesso.
Si giunse così ad una soluzione di compromesso,fino al 5 luglio 1294,quando l’assemblea di porporati lo scelse per succedere a Niccolo IV.
Pietro da Morrone era un’anima semplice,un illetterato incapace di vedere le cose del mondo,perso in un sogno fatto di cose semplici,di anime pure e di vita arcaica;nonostante ciò accettò,con molta titubanza,l’alto incarico che gli veniva offerto e partì per Roma.
Ecco come il grande storico Villani descrive quei momenti:
“Negli anni di Cristo MCCLXXXXIIII, del mese di luglio, essendo stata vacata la Chiesa di Roma dopo la morte di papa Niccola d'Ascoli più di due anni, per discordia de' cardinali ch'erano partiti, e ciascuna setta volea papa uno di loro, essendo i cardinali in Perugia, e costretti aspramente da' Perugini perché eleggessono papa, come piacque a·Dio, furono in concordia di non chiamare niuno di loro collegio, e elessono uno santo uomo ch'avea nome frate Piero dal Morrone d'Abruzzi. Questi era romito e d'aspra vita e penitenzia, e per lasciare la vanità de·mondo, ordinati più santi monisterii di suo ordine, sì se n'andò a·ffare penitenzia nella montagna del Morrone, la quale è sopra Sermona. Questi eletto e fatto venire e coronato papa, per riformare la Chiesa fece di settembre vegnente XII cardinali, grande parte oltramontani, a·ppetizione e per consiglio del re Carlo re di Cicilia e di Puglia; e ciò fatto, n'andò colla corte a Napoli, il quale dal re Carlo fu ricevuto graziosamente e con grande onore; ma perch'egli era semplice e non litterato, e delle pompe del mondo non si travagliava volentieri, i cardinali il pregiavano poco, e parea loro che a utile e stato della Chiesa avere fatta mala elezione. “
Il sant’uomo prese quindi controvoglia la tiara papale,venne incoronato papa con il nome di Celestino V,e cercò di fare quello che poteva.
Ma non era uomo avvezzo ad intrighi,e l’ambiente vaticano assomigliava più ad un’arena che ad un posto di preghiera.
Sette mesi dopo era già conscio di essere completamente fuori luogo,e cercò disperatamente una via d’uscita.
Che gli venne offerta da Benedetto Caetani,cardinale,uomo assolutamente privo di scrupoli,intenzionato a salire sul trono di Pietro senza attendere la fine naturale del mandato di Pietro da Morrone.
Il futuro Bonifacio VIII prospettò all’ingenuo Pietro la possibilità della rinuncia al trono papale,che accettò immediatamente.
Con una cerimonia semplice e con una lettera inviata al consiglio dei cardinali,Pietro si dimise dall’incarico di papa,una cosa che non aveva precedenti e non avrebbe mai più avuto seguito.
Con questo gesto pensava di poter tornare alla sua vita semplice,alle anime candide dei suoi paesani e alla vita contemplativa.
Successe esattamente il contrario.
Eletto papa,Benedetto Caetani,Bonifacio VIII,per prima cosa pensò a come sbarazzarsi del pericoloso rivale;era estremamente elevata la possibilità che la gente paragonasse la sua elezione simoniaca,la sua condotta nepotista e poco spirituale a quella sobria di Celestino V.
Decise così di confinare il povero prete nella rocca di Fiumone,dove Celestino V,provato da quella che era più una durissima prigionia che un ritiro spirituale,morì a maggio del 1296.
Fu canonizzato da un'altra figura papale poco nobile,Clemente V,che successe a Bonifacio VIII,morto in seguito alla prigionia di Anagni,dopo essere stato arrestato per ordine di Filippo IV il Bello.
Dopo la morte di Celestino,si diffusero voci su un presunto assassinio dello stesso,per ordine di Bonifacio VIII;voci che 4 secoli più tardi troveranno la conferma attraverso l’autorevole voce dell’
Abate generale della congregazione dei Celestini,che trovò la forza per condannare il vile omicidio.
La cosa incontrò da subito l’ostilità della Chiesa,che respinse,con sdegno,l’ipotesi formulata dall’abate,e tutto venne messo a tacere.
Fino a giorni nostri,quando la storia ha finito per connotarsi di giallo.
Nel 1988 le spoglie mortali di Celestino V vennero rubate dal loro sepolcro,per motivi mai ben chiariti,e ritrovate in provincia di Rieti pochi giorni dopo.
Sul corpo di Celestino vennero eseguiti,per ordine della Santa sede,esami particolareggiati,per individuare le cause effettive della morte del papa.
Di questi esami non è mai stato reso noto l’esito,anche se per vie traverse si è saputo che sul cranio del papa era evidente un grosso foro,segno inequivocabile di un omicidio.
Per una volta molti indizi possono costituire una prova.
La dubbia reputazione di Bonifacio VIII,uomo senza scrupoli,simoniaco,che riuscì a pilotare la sua elezione comprando i voti di cardinali altrettanto privi di scrupoli,le voci popolari,l’inchiesta dell’Abate della congregazione,l’episodio del 1988,sono tanti tasselli che portano ad un quadro d’insieme assolutamente inconfutabile.
Celestino V,papa e santo,fu ucciso su ordine di Bonifacio VIII.
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