domenica 6 aprile 2008

Celestino V,l'omicidio di un papa




Santo per i suoi contemporanei e per parte della chiesa;vile e ignavo per due sommi poeti come Dante e Petrarca.

Il primo lo bollò come colui che per viltade fece lo gran rifiuto,il secondo lo trattò alla stessa stregua di un ignavo,di un pusillanime.

Eppure Celestino V,al secolo Pietro da Morrone,appartiene alla eletta schiera degli uomini non comuni,sia per le capacità contemplative,che ne fecero all’epoca della sua vita,tra il 1215,presunta data di nascita,e il 1296,data della morte,un uomo dalla fama di rettitudine e di santità riconosciuta anche dai suoi numerosi nemici.

Benedettino fin dall’età di 17 anni,rifiutò gli agi della vita civile per rifugiarsi in un eremo,sulle montagne abruzzesi,dove ben presto formò una piccola comunità composta da gente semplice e umile,attirata da quell’uomo che viveva con poco e che predicava pace e umiltà.

Ben presto la sua fama valicò i confini angusti della regione,e si sparse in giro per la penisola,arrivando fin a Roma,dove furono in molti a vederlo come un possibile candidato alla cattedra di Pietro.

Era morto papa Niccolo IV,e i cardinali elettori dovevano trovare il suo sostituto;impresa delle più difficili,tanto che per ben due anni gli scontri tra le fazioni interne al conclave paralizzarono i lavori dello stesso.

Si giunse così ad una soluzione di compromesso,fino al 5 luglio 1294,quando l’assemblea di porporati lo scelse per succedere a Niccolo IV.

Pietro da Morrone era un’anima semplice,un illetterato incapace di vedere le cose del mondo,perso in un sogno fatto di cose semplici,di anime pure e di vita arcaica;nonostante ciò accettò,con molta titubanza,l’alto incarico che gli veniva offerto e partì per Roma.

Ecco come il grande storico Villani descrive quei momenti:

“Negli anni di Cristo MCCLXXXXIIII, del mese di luglio, essendo stata vacata la Chiesa di Roma dopo la morte di papa Niccola d'Ascoli più di due anni, per discordia de' cardinali ch'erano partiti, e ciascuna setta volea papa uno di loro, essendo i cardinali in Perugia, e costretti aspramente da' Perugini perché eleggessono papa, come piacque a·Dio, furono in concordia di non chiamare niuno di loro collegio, e elessono uno santo uomo ch'avea nome frate Piero dal Morrone d'Abruzzi. Questi era romito e d'aspra vita e penitenzia, e per lasciare la vanità de·mondo, ordinati più santi monisterii di suo ordine, sì se n'andò a·ffare penitenzia nella montagna del Morrone, la quale è sopra Sermona. Questi eletto e fatto venire e coronato papa, per riformare la Chiesa fece di settembre vegnente XII cardinali, grande parte oltramontani, a·ppetizione e per consiglio del re Carlo re di Cicilia e di Puglia; e ciò fatto, n'andò colla corte a Napoli, il quale dal re Carlo fu ricevuto graziosamente e con grande onore; ma perch'egli era semplice e non litterato, e delle pompe del mondo non si travagliava volentieri, i cardinali il pregiavano poco, e parea loro che a utile e stato della Chiesa avere fatta mala elezione. “

Il sant’uomo prese quindi controvoglia la tiara papale,venne incoronato papa con il nome di Celestino V,e cercò di fare quello che poteva.

Ma non era uomo avvezzo ad intrighi,e l’ambiente vaticano assomigliava più ad un’arena che ad un posto di preghiera.

Sette mesi dopo era già conscio di essere completamente fuori luogo,e cercò disperatamente una via d’uscita.

Che gli venne offerta da Benedetto Caetani,cardinale,uomo assolutamente privo di scrupoli,intenzionato a salire sul trono di Pietro senza attendere la fine naturale del mandato di Pietro da Morrone.

Il futuro Bonifacio VIII prospettò all’ingenuo Pietro la possibilità della rinuncia al trono papale,che accettò immediatamente.

Con una cerimonia semplice e con una lettera inviata al consiglio dei cardinali,Pietro si dimise dall’incarico di papa,una cosa che non aveva precedenti e non avrebbe mai più avuto seguito.

Con questo gesto pensava di poter tornare alla sua vita semplice,alle anime candide dei suoi paesani e alla vita contemplativa.

Successe esattamente il contrario.

Eletto papa,Benedetto Caetani,Bonifacio VIII,per prima cosa pensò a come sbarazzarsi del pericoloso rivale;era estremamente elevata la possibilità che la gente paragonasse la sua elezione simoniaca,la sua condotta nepotista e poco spirituale a quella sobria di Celestino V.

Decise così di confinare il povero prete nella rocca di Fiumone,dove Celestino V,provato da quella che era più una durissima prigionia che un ritiro spirituale,morì a maggio del 1296.

Fu canonizzato da un'altra figura papale poco nobile,Clemente V,che successe a Bonifacio VIII,morto in seguito alla prigionia di Anagni,dopo essere stato arrestato per ordine di Filippo IV il Bello.

Dopo la morte di Celestino,si diffusero voci su un presunto assassinio dello stesso,per ordine di Bonifacio VIII;voci che 4 secoli più tardi troveranno la conferma attraverso l’autorevole voce dell’

Abate generale della congregazione dei Celestini,che trovò la forza per condannare il vile omicidio.

La cosa incontrò da subito l’ostilità della Chiesa,che respinse,con sdegno,l’ipotesi formulata dall’abate,e tutto venne messo a tacere.

Fino a giorni nostri,quando la storia ha finito per connotarsi di giallo.

Nel 1988 le spoglie mortali di Celestino V vennero rubate dal loro sepolcro,per motivi mai ben chiariti,e ritrovate in provincia di Rieti pochi giorni dopo.

Sul corpo di Celestino vennero eseguiti,per ordine della Santa sede,esami particolareggiati,per individuare le cause effettive della morte del papa.

Di questi esami non è mai stato reso noto l’esito,anche se per vie traverse si è saputo che sul cranio del papa era evidente un grosso foro,segno inequivocabile di un omicidio.

Per una volta molti indizi possono costituire una prova.

La dubbia reputazione di Bonifacio VIII,uomo senza scrupoli,simoniaco,che riuscì a pilotare la sua elezione comprando i voti di cardinali altrettanto privi di scrupoli,le voci popolari,l’inchiesta dell’Abate della congregazione,l’episodio del 1988,sono tanti tasselli che portano ad un quadro d’insieme assolutamente inconfutabile.

Celestino V,papa e santo,fu ucciso su ordine di Bonifacio VIII.
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giovedì 3 aprile 2008

I predatori delle tombe perdute




La storia delle sepolture dei faraoni,delle loro tombe,mastabe,piramidi o sotterranee che siano,viaggia di par passo con la storia di quelli che vengono definiti,con un soprannome mutuato dal gergo romano di oggi,tombaroli.

L’usanza tipicamente egiziana di seppellire il dio in terra,il faraone,con ricchissimi corredi funerari ha da sempre scatenato le bramosie dei ladri.

Che hanno ingaggiato,nel corso della millenaria storia dell’Egitto,una lotta serrata con le guardie reali e con i sacerdoti,riuscendo quasi sempre a spuntarla.

Anzi,ad un certo punto,riuscirono a corrompere guardie e sacerdoti,dando il via ad un lucroso e fiorente mercato sotterraneo.

Non abbiamo documentazione relativa a corredi funerari deposti con i faraoni delle grandi piramidi,come nel caso di Zoser,Cheope,Chefren o Macerino;ma è presumibile che le loro tombe siano state spogliate pochi anni dopo la loro morte:con la loro mole le piramidi erano un obiettivo troppo in vista e appetitoso per un popolo che generalmente viveva con mezzi modesti.

L’attività di predatore è sempre stata una delle preferite dalla delinquenza (anche se è improprio definirla così)di ogni tempo.

Nel 1545 AC un faraone,uno dei più gloriosi,Thutmosis I,prese atto delle continue spoliazioni delle sepolture dei nobili e decise di evitare la sepoltura in superficie,o in tombe facilmente visibili,e diede ordine al suo architetto Ineni di scavare la sua tomba nella valle dei Re .

Era una decisione drastica che rompeva una tradizione millenaria;in tutto l’Egitto ormai le tombe dei faraoni,delle loro mogli,dei loro figli ,erano state tutte saccheggiate,in molti casi,oltre al furto del corredo sacro,i ladri avevano distrutto le mummie,per impadronirsi di amuleti d’oro e gioielli nascosti nelle bendature.

Inani costruì la tomba del faraone,e dobbiamo alla sua perdonabilissima vanità se oggi sappiamo cosa accadde.


Lasciò scritto sulle pareti della sua tomba “Io solo sorvegliai la costruzione della tomba rupestre di Sua Maestà. Nessuno vide, nessuno udì nulla!”.

I cento operai utilizzati per la costruzione probabilmente fecero una brutta fine….

Nonostante questa precauzione,il sonno di Thutmosis probabilmente non durò a lungo:la sua salma fu trafugata infatti dalla tomba.

Ma questa volta non furono i saccheggiatori o i tombaroli, bensi i sacerdoti,che resisi conto che la spoliazione delle tombe continuava tranquillamente,rimossero lui e molti altri grandi re,fra i quali Ramsete II e li trasportarono in una grotta ricavata nella roccia,dove furono seppelliti tutti insieme.

E che li vennero ritrovati nel secolo scorso,a Deir el Bahri,da una famiglia di tombaroli,incredibilmente.
Ma questa è un’altra storia…

A questo saccheggio sistematico non sfuggì nemmeno la tomba di Tutankamon;i ladri penetrarono al suo interno probabilmente subito dopo la sua morte.

Ma vennero scoperti,o forse solo disturbati.

Fatto sta che portarono via poche cose,la tomba venne di nuovo sigillata e per uno strano caso,letteralmente dimenticata.

All’epoca della XIX dinastia i furti e le spoliazioni avevano raggiunto il livello di guardia:i predatori non solo asportavano tutto,spesso danneggiavano gli splendidi rilievi delle tombe con volgarità o semplicemente scalpellandoli,in un impeto di iconoclasta barbarie.

Ramsete II,Seti I,Amenofis IV videro le loro tombe spogliate di ori e arredi,lo stesso successe in quelle di Thumosis I,Amosis,Ramsete III.


Avvenne così che i sacerdoti fedeli alla memoria dei loro re iniziarono un incredibile pellegrinaggio di salme:Ramsete II finì prima nella tomba della regina Inapi,poi in quella di Amenofis , e definitivamente sepolto a Dehir el bahri,per finire riscoperta casualmente nel secolo scorso.

Quasi lo stesso percorso fu seguito da altre mummie,e solo il caso permise ai corpi di rimanere nascosti fino ai giorni nostri.

Con il passare dei secoli la Valle dei re divenne solo un luogo pellegrinaggio per semplici curiosi o per studiosi.

Nelle tombe non c’era più nulla da portare via.



Le mummie perdute


L’ipotetico visitatore del Louvre,del museo egizio di Torino o di quello del Cairo che ammira le mummie dei grandi faraoni,spesso è convinto che esse siano state ritrovate nelle loro tombe,da archeologi preparati e scrupolosi.
Non è propriamente esatto.
A parte il caso più noto,quello relativo alla scoperta da parte di Howard Carter della tomba di Tutankamon,con all’interno il sarcofago e la mummia,dei grandi re abbiamo oggi conoscenze dirette delle loro fisionomie per un caso fortuito,e tra l’altro non attribuibile ad archeologi o studiosi,ma a predatori.
Fu l caso a permettere a Mohamed Abder Rassoul,illustre discendente di una onorevole famiglia di ladri di tombe,di mettere le mani su una sepoltura comune,tra le rocce di Deir el bahri,a pochi metri dal tempio della regina Hatscepsut.
Il nostro predatore,una mattina del 1871,pascolava le sue pecore nelle vicinanze dl tempio.
Si avvicina ad una di esse che bruca insistentemente nello stesso posto e si imbatte in qualcosa di stupefacente: c’è un anfratto,tra le rocce,un pozzo.
Giù nel pozzo,ad una decina di metri di profondità,ci sono delle cose strane.
L’uomo si cala nel pozzo e vede accatastati alla rinfusa,sarcofaghi e oggetti preziosi,vasi canopici e suppellettili antiche.
Emozionato,raccoglie qualche oggetto d’oro e corre dalla sua famiglia.che da quel momento comincia un lucroso commercio.
Ma Gastone Maspero,primo grande direttore del museo del Cairo,esperto archeologo,insospettito dalla presenza sul mercato clandestino di numerosi reperti delle dinastie XVIII e XIX,decide di investigare.
E risale alla famiglia Rassoul,per un altro di quei casi che fanno la gioia degli archeologi:i parenti hanno iniziato a litigare sugli oggetti,e si fanno scoprire.
Accompagnato da Rassoul, Maspero si reca sul luogo.
E qui,con emozione e sorpresa,si ritrova davanti le mummie di tutti i faraoni più importanti della storia egizia:Thutmosis I,II,III;Ramsete II e Ramsete III,Amenofis I,le regine Aahotep,Nefertiti e Hatscepsut…
L’antica,millenaria storia dell’Egitto prende a rivivere davanti agli occhi stupefatti dei presenti.
Ma cosa era accaduto?
Perché quelle mummie giacevano tutte assieme,alla rinfusa,in quel posto inaccessibile?
Millenni prima,in alcune delle tiepidi notti egizie,sacerdoti fedeli agli dei in cielo,ma soprattutto a quelli in terra,i faraoni,avevano trasportato,al lume delle torce,le salme dei loro re dai loro precari sepolcri,per nasconderli ai predatori di tombe,che sempre più voracemente inseguivano il miraggio dell’oro a poco prezzo.
Ad una ad una le salme avevano trovato rifugio a Dehir el bahri,dove solo il caso,come abbiamo visto,permise agli archeologi di fissare il loro sguardo sui volti degli antichi dei:sul volto di Ramsete II,l faraone che fece grande l’Egitto,e che forse è il faraone del biblico Mosè;su quello di Amenofis I,il faraone che iniziò la costruzione della Valle dei Re;su Thutmosis I,l’uomo che unificò l’Egitto e che disseppellì la Sfinge dalle sabbie.
Archeologia e predatori,per una volta,si univano in una scoperta eccezionale,che ci ha permesso di colmare molte lacune sulla storia dell’antico Egitto.
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mercoledì 2 aprile 2008

Van Meegeren,il falsario





Le morbide tonalità del dipinto sembravano vivere di luce propria nella stanza fiocamente illuminata.
Il volto di Hermann Goering,Feldmaresciallo del Reich ,braccio destro del Fuhrer,sembrò diventare sempre più estatico,in adorazione di fronte a quel capolavoro dell’ingegno umano.

Era un uomo brutale e violento,ma amava alla follia i dipinti ,era un cultore del bello.
Un contrasto stridente con la sua vita quotidiana.
Alzò i suoi occhi porcini e studiò l’uomo che sedeva,leggermente tremante,davanti a lui.

Era l’effetto che faceva a tutti,in fondo.
E l’idea lo solleticava,inorgogliendo il suo smisurato ego.
Attese ad arte alcuni minuti,che l’ospite sentì scorrere come l’eternità.
Poi,attraverso l’inseparabile monocolo,squadrò una volta ancora l’uomo e chiese brutalmente:”Quanto?”

Sorpreso,l’uomo si raddrizzò leggermente,e con voce fioca sussurrò :”Due milioni”
Goering lo guardò con sorrisetto ironico e rispose tagliente:
”Mio caro Hans,per quella cifra posso portarmi via buona parte del Louvre,molti francesi sarebbero disposti a spogliarlo per molto meno.
Non mi costringa a usare sistemi antipatici.”

Hans van Meegeren sembrò riacquistare d’un colpo una parvenza di dignità.
Rialzò il capo e disse “Certo,Herr Feldmaresciallo,ma così facendo perderebbe l’unico uomo in grado di portarle altri capolavori. Questo è un Vermeer,un dipinto unico. Di lui si conoscono circa una ventina di opere attribuibili con certezza. E io posso procurarle altre opere del genere……..”

Goering lo guardò fisso,poi con uno scatto aprì il cassetto della sua scrivania e tirò fuori un grosso mazzo di banconote.
“Questo è un milione di fiorini. Non le darò uno spicciolo in più. Li prenda e si faccia vivo appena ha altre novità. Vada,ora”
Van Meegeren non disse nulla.

Allungò una mano e prese il danaro.
Fece un inchino servile e uscì,non prima di aver salutato con un “ Heil Hitler” di prammatica.
Appena la porta si fù rinchiusa,Goering disse ad alta voce:
“Imbecille,avrei pagato dieci volte quella cifra.”
E si sedette in contemplazione davanti al dipinto.

Quello che non sapeva era che aveva acquistato un’opera che al massimo ne valeva 50,di fiorini.
Giusto il costo della tela,dei pennelli e dei colori,oltre che del tempo utilizzato per realizzarlo.
Si,perché il Vermeer era un falso.
Splendidamente eseguito,ma un falso.


Il dialogo iniziale è immaginario,ma è probabile che si sia svolto nei termini descritti.
Perché avvenne,storicamente,anche se non ebbe testimoni.
Hans Van Meegeren fù protagonista,subito dopo il processo per collaborazionismo celebratosi in Olanda ,di uno dei casi più clamorosi della storia dell’arte.

Da ragazzo non aveva fatto altro che studiare i suoi artisti preferiti, Rembrandt e in particolare Jan Vermeer,affascinato soprattutto da quest’ultimo,dalle sue atmosfere morbide e cariche di magia,di atmosfera. Passava lunghe ore a ricopiare pazientemente i dipinti dei due maestri,per impadronirsi quanto più possibile della loro tecnica.
Come pittore originale era un mediocre:come falsario divenne un grande.
La sua idea migliore fù quella di bazzicare tra le botteghe di antiquari e rigattieri,e acquistare dipinti del seicento privi di valore di mercato.
Da questi asportava con cura il dipinto,il colore,fino a mettere a nudo il fondo.
E su questi iniziò a dipingere nello stile di Vermeer.

Il celebre falso La cena in Emmaus

Opere ex novo,però,non imitazioni.
Fare una copia sarebbe stato semplice,per lui,ma poco produttivo.
E così partorì l’idea geniale.
Con pazienza e abilità,mescolando sapientemente la polvere al colore,dipingendo su vere tele del seicento,usando pennelli da barba in luogo degli introvabili pennelli in pelo animale,che sfuggivano a qualsiasi analisi dell’epoca,iniziò la sua produzione di capolavori “veramente falsi”.

Un’altra intuizione fù quella di studiare attentamente le composizioni originali dei colori,e ben presto diventò un maestro nella mescolanza ,per esempio,dell’olio di lillà con i minerali utilizzati nella preparazione dei colori.

Sempre più padrone delle tecniche,Van Meggeren iniziò a studiare la possibilità di piazzare le sue opere,spacciandole,naturalmente,per originali del maestro olandese.

La sua abilità risalta ancor più analizzando l’opera del maestro di Delft:pur non conosciutissimo,fino a buona parte dell’ottocento,in virtù della scarsa propensione ad un’attività febbrile,ma anche perché molti suoi dipinti erano andati perduti nel corso dei due secoli precedenti,Vermeer era uno degli artisti più difficili da imitare.
Ma allo stesso tempo la sua scarsa produzione permetteva di poter “rintracciare” opere disperse;ed è quello che Van Meegeren fece.

Dipinse una cena in Emmaus bellissima,con i morbidi colori del maestro,con un Gesù sospeso nella tavola nell’atto di benedire il pane,mentre attorno a lui Maria Maddalena e due apostoli assistono rapiti :il dipinto è di una bellezza che incanta,e difatti i critici gridano al capolavoro.

Van Meegeren diventa più audace,fino a truffare il grande Feldmaresciallo Goering,per la somma esorbitante di 6 milioni di fiorini.
Poteva ritirarsi a vita privata,ricco,onorato e rispettato.
Ma qualcosa rodeva all’interno l’innato orgoglio che da piccolo lo aveva spronato alla ricerca della perfezione:la necessità quasi fisica di essere stimato anche per la sua reale produzione,e non soltanto per la sua abilità,ovviamente sconosciuta,di falsario.

Contemporaneamente la guerra finisce,e l’accusa di collaborazionismo rischia di portarlo in galera per molto tempo.

E così,per difendersi,ma anche per prendersi una bruciante rivincita nei confronti del mondo accademico e dei critici,rivela di essere l’autore di una serie di falsi,in possesso ormai anche di prestigiosi musei.
La dimostrazione la fornisce dipingendo un meraviglioso Gesù nel tempio davanti allo stupefatto pubblico del processo.

Lo scandalo dilaga terribile.
Uno ad uno,non solo i dipinti di Vermeer,ma anche quelli di altri maestri olandesi del passato vengono passati ai raggi x,e non soltanto in senso figurato.
Un Vermeer per esempio rivela di essere un clamoroso falso perché Van Meegeren ha volutamente lasciato traccia del dipinto precedente sul fondo!

Imprigionato per un anno,l’uomo ne fà una malattia,tanto da morire nel 1947 di infarto.
La sua storia termina in maniera così, in maniera brusca e quasi umiliante.
A distanza di sessant’anni,la revisione critica delle opere ha portato il mondo degli esperti a saper riconoscere quasi immediatamente la mano del grande falsario,anche senza il bisogno di sofisticate apparecchiature.
La differenza sostanziale di espressività dei personaggi a altri dettagli hanno portato a capire comunque il grande lavoro compiuto da quell’uomo geniale.

E si finisce comunque per rivalutarne anche la figura d’artista.
Perché è comunque un grande artista colui che,pur spacciandosi per un altro,riesce a commuovere e sorprendere lo spettatore.
E’ quello che fa La cena in Emmaus,un dipinto di una bellezza eccezionale.
Per il mondo dei critici artistici fù un salutare bagno di umiltà.
L’eccessivo sfoggio di cultura e di supponenza,l’eccessiva spettacolarizzazione della cultura venne duramente castigata.
Nei decenni a seguire furono molti altri i casi di falsari che vennero alla luce,ma nessuno fù della rilevanza di quello di Hans Van Meegeren.
Anni dopo la sua opera venne rivalutata, le sue opere rivisitate da una critica più attenta e umile.
E fù restituito,al genio dell’uomo che aveva ridicolizzato il mondo dell’arte,il giusto tributo

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martedì 1 aprile 2008

William Wallace-Braveheart,cuore impavido






La figura di William Wallace,patriota e rivoluzionario scozzese,è diventata famosa grazie al film Braveheart di Mel Gibson,in cui,per la verità con buon rigore storico,è stata raccontata la sua sfortunata storia.

Wallace nacque probabilmente nel 1270 in un paesino scozzese,in un’epoca in cui la Scozia era divisa da profonde lacerazioni dovute alla mancanza di un re legittimato a governare.
Il pretendente più autorevole era John Balliol,avversato però da alcuni clan scozzesi;la situazione arrivò ad un punto morto,e con poco giudizio si decise di chiamare ad arbitro della controversia il nemico peggiore per l’indipendenza della Scozia, Edoardo I d'Inghilterra.
Al quale non sembrò vero di trovare un pretesto per presentarsi da arbitro formalmente invitato.
Solo che,intelligentemente,si portò dietro l’intero esercito,e prima di esprimere il suo parere,costrinse tutte le parti in causa a giurargli fedeltà.
Fu una mossa astuta,che costò,in definitiva,la libertà agli scozzesi.
Edoardo,difatti,scelse John Balliol come re legittimo,e quando costui,sobillato dai clan,gli si rivoltò contro,invase la Scozia spargendo rovine e sangue sul suo camino.
n questa situazione critica,dovuta alla scarsa preveggenza di clan scozzesi,crebbe il giovane Wallace,ricevendo,cosa inusuale per il periodo,un’educazione sia religiosa che umanistica.

Narra la leggenda,probabilmente vera,che Wallace sia diventato un fuorilegge il giorno che dei soldati inglesi tentarono di depredarlo del frutto della sua caccia;si ribellò e uccise i soldati,con il risultato che ben presto avvisi di taglia lo indicavano come pericoloso bandito.
A rinfocolare l’odio per gli inglesi,arrivò la morte del padre,giustiziato per non aver rivelato il nascondiglio del figlio.
Wallace si unì all’esercito di William Douglas,che aveva rifiutato l’umiliante pace sottoscritta,invece,dai clan.
Così,a Stirling,si coprì d’onore e gloria combattendo l’odiato nemico inglese.
Con Andrew de Moray,combattè la vittoriosa battaglia di Stirling Bridge,dove forze scozzesi,numericamente inferiori ,riuscirono a infliggere una pesante sconfitta alle truppe inglesi,facendo andare su tutte le furie re Edoardo.
Wallace diventò ben presto un eroe,ma un eroe solitario.
De Moray,ferito a Stirling Bridge,era morto,lasciando sulle sue spalle il pesante fardello di comandare il piccolo esercito scozzese.
Per un anno Wallace riuscì a fronteggiare attacchi sporadici degli inglesi,che adottò la tecnica della guerriglia di fronte ad un esercito di gran lunga meglio equipaggiato e numericamente superiore.
La sua tattica di bruciare tutto quando gli inglesi avanzavano per un certo periodo funzionò,lasciando i soldati nemici senza possibilità di rifornimento sul posto.
Wallace,che era stato nominato guardiano di Scozia,riuscì lungo ad evitare gli scontri in camp aperto,ma alla fine,a Falkirk,non potè più evitare il nemico.
E qui in prtica iniziò la sua parabola discendente.

Preso tra due fuochi,contro forze nemiche di gran lunga superiori,Wallace subì una sconfitta cocente e pesante nell’economia generale della guerra.
Riuscì a fuggire,ma perse gran parte del suo esercito.
Dovette,di conseguenza,rinunciare al suo titolo nobiliare di guardiano di Scozia,a favore di Robert Bruce, conte di Carrick, e a John Comyn di Badenoch,fratellastro di John Balliol.
I quali,con un voltafaccia davvero inspiegabile,scesero a patti con il re inglese,lasciando di fatto Wallace alla mercè dei soldati.
Wallace,fieramente,rifiutò ogni accordo con il nemico,fino al giorno i cui venne catturato,pare per una soffiata,da John de Menteith,scozzese come lui ma alleato di Edoardo.
William venne imprigionato e portato a Londra,dove,dopo un processo farsa,venne dichiarato traditore e condannato a morte.
Ad agosto del 1305,il fiero ed irriducibile patriota scozzese salì,ad Smithfield,gli scalini del patibolo.
Morì fieramente,guardando negli occhi i presenti.
Il suo corpo venne fatto a pezzi,com’era usanza,e la sua testa venne ficcata in cima ad un palo,mentre i suoi resti vennero gettati ai cani.
Moriva così il più irriducibile dei nemici dell’Inghilterra,che solo nel secolo scorso ha ritenuto di omaggiare il grande nemico con una stele commemorativa,meta di pellegrinaggio da parte di moltissimi scozzesi.



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lunedì 31 marzo 2008

Wounded Knee,cronaca di un massacro




Chankpe Opi,in lingua Sioux.
Wounded knee ,in lingua yankees.
Ginocchio ferito,la traduzione,il pacifico nome di un torrente del sud Dakota.
Una delle pagine più nere della storia americana,la storia di un massacro senza alcuna giustificazione.
Se non quella dello sterminio di una popolazione pacifica,quella dei nativi Sioux,il fiero popolo ridotto ormai a vivere nelle riserve dagli uomini bianchi,gli invasori.


29 dicembre 1890.
E’ una giornata freddissima,il terreno è coperto dalla neve.
A poche miglia da Wounded knee, c’è un accampamento Sioux,e i pellerossa sono radunati al centro del campo,perché è in corso la cerimonia più importante dei nativi,la ghost dance,la danza degli spiriti.
Danzano davanti al settimo cavalleggeri,lo stesso reparto che anni prima aveva subito l’umiliante rovescio del Little big Horn,quando Cavallo pazzo e Toro seduto avevano ridicolizzato il potente esercito americano,infliggendo sul campo una sconfitta ingloriosa agli uomini del generale Custer.
Questa volta i ruoli sono ben definiti


I Sioux,stanchi e infreddoliti,sono radunati al centro del campo,i militari americani sono tutti intorno,con le armi spianate;probabilmente cercano un casus belli, Forsyth,il colonnello che comanda il settimo cavalleggeri,ha dato ordine di raggruppare tutti i nativi,senza distinzione.
Non è ben chiaro cosa si debba fare di quella povera gente,a cui ormai è stato tolto tutto;non hanno più la terra,se non quella piccola riserva che fa gola alle compagnie minerarie.
Non hanno più i bisonti,sterminati dall’uomo bianco,un po’ per gioco,un po’ per sport.;hanno solo la loro vita,che ormai vale ben poco,costretti,come sono a rinunciare alla loro libertà.


La danza è in pieno corso,e ad un certo punto lo sciamano lancia in aria della polvere,un gesto rituale,simbolico.
Dagli uomini schierati parte un colpo di fucile;è un attimo,un istante dopo un torrente di fuoco investe i Sioux.
Uomini e donne,anziani e bambini cadono falciati dalle mitragliatrici da campo,dai fucili a ripetizione;alla fine della mattanza saranno centocinquanta,i caduti mentre molti dei sopravissuti,rimasti senza armi,senza cibo,moriranno di stenti o assiderati.
I protagonisti della strage,lungi dall’essere processati per aver sterminato dei civili inermi,ricevettero onorificenze e promozioni.
Oggi,nei luoghi dove avvenne la strage,i discendenti dei nativi celebrano ancora riti in onore di quella povera gente massacrata senza motivo,in un giorno di fine dicembre del 1890.
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giovedì 27 marzo 2008

Eva Braun,la moglie del diavolo





Una ragazzona tedesca bionda,carina e destinata ad un futuro da sartina.
Un destino al quale la ragazza non intende minimamente piegarsi.

Perché lei, Eva Braun,ha in mente ben altro per il suo futuro.
Eva nasce a Simbach il 6 febbraio 1912;è una ragazza allegra,socievole e che ama truccarsi e divertirsi, e che mal sopporta la disciplina imposta dai genitori.
Disciplina blanda,per altro,tant’è vero che quando cercheranno di iscriverla ad un istituto cattolico,la ragazza riuscirà ad imporre il suo volere,cercando un lavoro che possa renderla indipendente.

Lo trova il lavoro,e con esso trova il suo destino.
Si impiega presso un fotografo, Heinrich Hoffmann,che lavora frequentemente per un piccolo partito politico,il Partito nazional socialista.

Piccolo,ma in fortissima ascesa.
A guidarlo c’è un ex caporale dell’esercito austriaco,Adolf Hitler,che inizia a frequentare la bottega di Hoffmann.
Tra i due nasce immediatamente una forte simpatia,e poco dopo diventano amanti.

Eva Braun non racconta della sua relazione con Hitler alla famiglia;sa che il padre non ama affatto i nazisti,che considera pericolosi estremisti,mentre sua sorella lavora in uno studio alle dipendenze di un ebreo.
Nonostante tutto la relazione tra i due va avanti fra alti e bassi,ma Eva è insoddisfatta,
Hitler inizia a trascurarla,troppo preso dalla politica.

La situazione degenera al punto che un giorno Eva,disperata,prende la pistola del padre e si spara;si salva per puro caso,perché il proiettile le trafigge il collo,e prima che muoia dissanguata,viene trovata dalla sorella.
Hitler è colpito dalla determinazione della ragazza,e rincomincia a dedicarle più attenzioni,fino a quando un giorno,messo alle strette,acconsente ad incontrare i genitori di Eva.

Ancora una volta è un idilio che dura poco;il fuhrer sta trasformando la Germania,lavora anche venti ore al giorno,e il tempo che dedica ad Eva è così esiguo che la ragazza,disperata,ritenta il suicidio,questa volta avvelenandosi con dei barbiturici.
Ancora una volta si salva in extremis,grazie alla sorella che la trova agonizzante.

Hitler a modo suo ama quella ragazza sentimentale e volubile,così decide di portarla con se;la fa circondare da personale di servizio,la inonda letteralmente di regali,di oggetti preziosi,ne fa la prima donna del Reich,pur non ostentandola pubblicamente.

E lei si trasforma in una donna sofisticata:ama vestire elegantemente,coprirsi di gioielli,cambiare pettinatura…..Diventa in breve tempo un’ombra elegante dietro le quinte, dietro il suo uomo perso in sogni di grandezza e di gloria.

Il fuhrer non si limita ad accontentare in tutto e per tutto la sua amante,ma provvede anche al benessere dei genitori di Eva,delle sue sorelle;il signor Braun scriverà una lettera imbarazzata al fuhrer,che però non gli verrà mai consegnata.

La guerra è alle porte,e con essa va in frantumi il sogno di Eva di avere tutto per se quell’uomo che ha nelle sue mani il destino del mondo.
Il nido dell’aquila,il rifugio alsaziano di Hitler,diventa l’unico posto nel quale i due amanti possono ancora avere dell’intimità.
Qui,con l’unica compagnia di Wolf,il pastore tedesco di Hitler,i due si concedono qualche fugace pausa dagli affari di stato.

Ma nel 1942 la guerra cambia direzione,e quella che sembrava una sfolgorante vittoria del nazismo prende una piega inaspettata.
Eva sembra persa in un mondo irreale;si lamenta con gli amici per l’impossibilità di reperire i generi voluttuari,i profumi,i liquori costosi;sembra quasi che le mille nevrosi del fuhrer,il cui sistema nervoso,logorato da mille tensioni e dalla paranoia,sta crollando,si siano trasferite empaticamente a lei.

Però è una donna fedele,e rimane vicino ad Hitler quando inesorabilmente gli eventi precipitano.
Dapprima gli resta accanto,e lo rincuora,all’indomani dell’attentato in cui il fuhrer resta solo ferito;lo segue nel bunker,a Berlino,quando la situazione arriva al collasso,con le truppe russe a poche centinaia di metri dall’ultimo rifugio.

Il 29 aprile del 1945,Adolf Hitler decide di sposare l’unica persona che gli sia rimasta davvero fedele,quella Eva Braun forse vanesia,forse sciocca,ma che ha avuto il coraggio di condividerne la sorte.

Si sposano e durante la notte si uccidono.
Lei berrà del veleno,lui si sparerà un colpo in testa.
Dei due amanti non resterà alcuna traccia,perché subito dopo la morte,un ufficiale delle SS versa sui due corpi della benzina e li da alle fiamme.

Eva Braun aveva 33 anni.

Pubblicato da PaulTemplar alle 23:24 | 0 commenti  
martedì 25 marzo 2008

A come Andromeda


Un altro sceneggiato cult degli anni settanta è A come Andromeda.
Rappresenta uno dei primi tentativi di portare in tv la fantascienza.
Ma non quella basata sugli effetti visivi,sul ritmo e su battaglie galattiche o omini verdi,bensì una fantascienza d’ambiente,tutta incentrata sulla psicologia,sul dettaglio dei personaggi e sulla trama.
Che è meno semplice di quello che sembra.
Uno scienziato dedito alla ricerca di intelligenze extraterrestri decodifica un segnale proveniente dalla nebulosa di Andromeda.


Nella foto:Nicoletta Rizzi

L’intelligenza aliena trasmette,attraverso un super calcolatore,dati importanti a livello scientifico,fino a quando non invia una mappatura completa dell’uomo,grazie anche alle istruzioni che,improvvisamente,le autorità hanno fatto pervenire alla misteriosa entità aliena.
E’ l’inizio di una vicenda che si dipana tra intrighi,colpi di scienza e spionaggio,con la creatura aliena,in tutto e per tutto uguale agli uomini ,che si muove tra quegli umani che non capisce bene,nonostante i tentativi di integrarsi.


Nella foto:Paola Pitagora

Che,scopriremo,hanno un fine ben preciso…..
Girato con maestria da Cremaschi e Cottafavi,su un soggetto di Fred Hoyle e John Elliot,A come Andromeda divenne un successo clamoroso della Rai,con seguiti degni di un plebiscito.
L’ambientazione curata,la recitazione straordinaria di quel talento gigantesco che era Luigi Vannucchi,l’atmosfera di suspence continua che aleggiava sullo sceneggiato contribuirono in maniera determinante al suo successo.
Il cast,molto curato,comprendeva oltre a Vannucchi,nomi importanti come quelli di Paola Pitagora,di Tino Carraro,Giampiero Albertini.
Nei panni di Andromeda,dopo il rifiuto di Patty Pravo a proseguire le registrazioni della serie,venne chiamata Nicoletta Rizzi,che si dimostrò una perfetta sostituta,tanto da caratterizzare irrimediabilmente la sua carriera con il ruolo della bionda ed eterea Andromeda,essere alieno ma capace di provare,alla fine,tutti i sentimenti degli umani.
Da segnalare la colonna sonora,assolutamente in tema,con quel ritmo lento e sognante che la caratterizzava.


Nella foto,a destra:Luigi Vannucchi

Dello sceneggiato,restaurato,esiste un cofanetto di DVD edito dalla solita ElleuMultimedia
La trama completa,unita ad una recensione accurata,è disponibile sul sito Pagine70,ad opera di un estimatore degli sceneggiati d’epoca,l’amico Luca Venzano.

Un’altra recensione molto accurata,di un appassionato,un altro amico di nome Andrea,è reperibile all’indirizzo www.vicolostretto.net


Pubblicato da PaulTemplar alle 23:18 | 0 commenti  
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